L’ernia iatale consiste nella risalita di una piccola parte di stomaco dalla cavità addominale.
Si tratta di un disturbo particolarmente diffuso, che interessa una parte consistente della popolazione, con percentuali di gran lunga più elevate tra gli over 50.
Si stima che la quasi totalità di coloro che hanno superato gli 80 anni abbia a che fare con una forma di ernia iatale.
Nonostante la letteratura scientifica suggerisca una diffusione pari al 10-15% del totale della popolazione, parecchi autori ritengono che il problema continui ad essere sottostimato.
Oltre all’età, i fattori di rischio più importanti sono la gravidanza e l’obesità.
Come si diagnostica un’ernia iatale?
L’ernia iatale può essere diagnosticata con una radiografia del tratto digestivo superiore che si avvale di un mezzo di contrasto che viene ingerito dal paziente e permette in tempo reale di studiare la progressione in esofago-stomaco e primo tratto dell’intestino tenue.
Come approfondimenti diagnostici, solitamente si ricorre a:
- gastroscopia, per indagare le dimensioni dell’ernia e lo stato della mucosa dello stomaco
- TAC torace-addome superiore, che mette in evidenza i rapporti dello stomaco con gli organi all’interno del torace
Nelle grosse ernie iatali, di solito non sono necessari gli approfondimenti diagnostici tradizionali come pH-impedenzometria e manometria esofagea, indispensabili invece per un eventuale approccio chirurgico della malattia da reflusso.
L’ernia iatale anatomicamente viene classificata come:
- ernia iatale da scivolamento, con la risalita sopra il diaframma dello sfintere gastroesofageo e di una porzione di stomaco prossimale
- ernia para-esofagea, dove lo sfintere resta in sede e solo una porzione di fondo risale verso il torace
- ernia mista dove, oltre al fondo, risale anche il cardias (cioè l’orifizio che collega l’esofago allo stomaco).
Queste sono quelle che solitamente diventano più voluminose e richiedono una gestione differente.
Le ernie iatali possono essere di piccole dimensioni (2 o 3 centimetri) oppure possono raggiungere dimensioni maggiori e coinvolgere gran parte dello stomaco.
Oltre ai sintomi tipici che possono comunque essere presenti il paziente può riferire anche altri disturbi, i più comuni sono:
- disfagia
- anemia
- tachicardia o aritmia
La disfagia da ernia iatale
La disfagia, ossia la difficoltà a deglutire, può presentarsi quando la porzione del fondo gastrico erniato e incarcerato in torace subisce un brusco restringimento a livello diaframmatico in grado di ostacolare la progressione degli alimenti ingeriti e determinando una sovradistensione della porzione di stomaco erniato.
La dilatazione della “tasca gastrica” può provocare l’insorgenza di senso di peso retrosternale e indurre episodi di vomito. Inoltre aumentando la dimensione dell’ernia, lo stomaco può andare incontro a una rotazione sul proprio asse chiamata volvolo gastrico che oltre ad accentuare gli episodi di vomito può essere causa di ischemia gastrica in particolar modo a livello della mucosa con possibilità di emorragia digestiva.
L’anemia da ernia iatale
L’anemizzazione può svilupparsi nel tempo perché la mucosa dello stomaco soffre il fatto di risiedere in una cavità a pressione negativa come quella toracica, quindi possono insorgere una gastrite microemorragica o piccole lesioni ulcerative della mucosa con la tendenza al sanguinamento.
Queste emorragie non sono di carattere acuto, con importanti e rapide perdite di sangue, ma sono dei veri e propri stillicidi cronici che possono portare l’emoglobina del paziente a livelli molto bassi rispetto alla norma, determinando la comparsa di stanchezza e indebolimento.
La tachicardia da ernia iatale
La tachicardia è correlata al fatto che lo stomaco erniato, dilatandosi in fase post prandiale, si appoggia a livello del pericardio, irritandolo e determinando l’insorgenza di tachicardie e talvolta di aritmie.
Ernia iatale e nervosismo
Non è facile stabilire una relazione di causa-effetto tra lo stress e il reflusso gastroesofageo.
Certamente lo stress è una condizione vera e propria che non è solo psicologica e fisica, ma causa di problemi a livello di ormoni, terminazioni e impulsi nervosi.
Pertanto il nostro apparato digestivo, che è il nostro “secondo cervello”, ne risente molto.
Ernia iatale rimedi della nonna
Tra i principali rimedi fitoterapici per ridurre i fastidiosi sintomi che accompagnano questa patologia, ecco i principali:
- malva, camomilla, melissa e passiflora: aiutano a rilassare e a facilitare la digestione; la melissa può essere anche utilizzata sotto forma di olio essenziale: ne bastano alcune gocce per fare un bagno rilassante e antispasmodico.
- Foglie di menta: aiutano a ridurre il meteorismo e migliorano la digestione; potete metterla nell’insalata o per insaporire alcuni piatti.
- Artemisia, achillea, artiglio del diavolo, arancio amaro: per i dosaggi è sempre meglio fare affidamento ad un esperto.
Ernia iatale da scivolamento
Oltre al reflusso gastroesofageo, la sintomatologia tipica di questa condizione include dolore retro-sternale, tosse secca, alitosi e pirosi (bruciore di stomaco); un altro sintomo tipico è l’eruttazione frequente, accompagnata alla presenza di reflusso acido.
Tuttavia è possibile porre rimedio a questi sintomi anche attraverso una fisioterapia mirata, che si occupa della cura del reflusso gastroesofageo attraverso l’importanza della postura.
Alla base dei fenomeni sopra elencati, vi è un esagerato afflusso d’aria, introdotta durante la deglutizione nella porzione dello stomaco erniata (quella fuoriuscita dalla sua sede naturale).
Ne consegue una forte sensazione di pesantezza a livello epigastrico, che spesso si trasforma in un dolore tanto intenso da somigliare a quello provocato da alcuni disturbi cardiaci.
Proprio l’eruttazione può determinare un marcato sollievo dalla sintomatologia dolorosa; la sequenza fastidio-dolore-eruttazione può ripresentarsi di frequente, anche nella stessa giornata.
A volte, la presenza di un’ernia iatale può accompagnarsi anche a tachicardia ed extrasistole, soprattutto in seguito a pasti abbondanti.
È possibile riconoscere questa patologia anche per la presenza di disfagia, ovvero difficoltà a deglutire e a far passare il bolo alimentare attraverso la giunzione che unisce l’esofago allo stomaco.
Talvolta, i pazienti affetti dal disturbo lamentano anche una sensazione simile alla presenza di un corpo estraneo in gola e un marcato aumento della salivazione.
La risalita del contenuto gastrico attraverso l’esofago può provocare ulcerazioni ed erosione dei tessuti interessati, determinando la comparsa di esofagite, a sua volta responsabile di sintomi fastidiosi quali dolori toracici e bruciore alla gola.
In caso della presenza di una simile sintomatologia, il consulto medico è il primo passo per permettere la diagnosi e il trattamento di questa patologia.
Ernia iatale può scomparire
In buona parte delle persone, l’ernia iatale è asintomatica e non necessita di trattamenti.
In altri casi basta correggere l’alimentazione e il proprio stile di vita: dimagrire se si è in sovrappeso è sicuramente necessario al fine di ridurre la pressione sullo stomaco.
È sempre meglio evitare i riposini dopo i pasti e i lavori pesanti, idratarsi, evitare il fumo e l’abuso di alcol o farmaci.
Quando questi metodi non hanno efficacia, l’ernia iatale va trattata con farmaci a base di antiacidi e inibitori della pompa protonica, che limitano temporaneamente la secrezione acida nello stomaco, corroborando la rigenerazione delle mucose esofagee, il tutto associato, in alcuni casi, a farmaci gastroprotettori.
Fin qui abbiamo parlato di come trattare l’ernia iatale per conviverci bene ma, essendo una malattia anatomica, la si cura fino in fondo soltanto tramite l’intervento chirurgico.
Si tende a consigliarlo quando l’ernia è molto voluminosa o quando le complicanze sono gravi, come quando l’ernia iatale paraesofagea porta allo strozzamento di una parte dello stomaco (come descritto precedentemente).
L’operazione punta a rimettere in sede la porzione di stomaco e intervenendo in modo da ridurre il rischio di recidive, riducendo lo iato esofageo o ricostruendolo quando troppo debole.
La guarigione, grazie all’intervento, si velocizza e si riduce anche il rischio di infezione: in 7 giorni il paziente può riprendere la sua routine, pur dovendo evitare i lavori pesanti per almeno 2 mesi dopo l’intervento.